Orizzonti Contemporanei 

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“Il Sole delle Arti” a Venaria con una Mostra su Raffaello e sulla sua influenza

Il sole delle arti

Potrà essere visitata fino al prossimo 24 gennaio la Rassegna che vede in Raffaello Sanzio il fulcro attorno a cui ruota l’Esposizione allestita alla Reggia di Venaria Reale alle porte di Torino.

Per la circostanza sono arrivati dalle più rilevanti istituzioni museali italiane e straniere (dai Musei Vaticani al Residenzschloss di Dresda, dal Kunsthistorisches Museum di Vienna al Victoria and Albert Museum di Londra, dagli Uffizi di Firenze al Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, dalla Galleria Nazionale delle Marche di Urbino ai Musei Civici di Pesaro, fino al Museo di Capodimonte di Napoli) non solo capolavori di colui che è stato uno dei più celebri artefici del Rinascimento italiano, ma anche opere rientranti fra le cosiddette “arti applicate”, come arazzi, maioliche, vetri, armature, intagli, monete, smalti, riconducibili a quello che è stato il mondo dell’urbinate in termini di colleghi, di commesse, di elaborazioni coeve o di poco successive, comunque sempre collegate alla sua arte.

Alla Mostra, inaugurata il 26 settembre, è previsto si aggiunga (proveniente dalla Pinacoteca Tosio-Marinengo di Brescia) anche il “Busto di un angelo” appartenente alla Pala Baroni ed eseguito da Raffaello intorno al 1500 non ancora diciottenne.

E pensare che il più famoso degli allievi del Perugino è stato tendenzialmente snobbato, per non dire sminuito, nel corso degli ultimi due secoli dal giudizio di eminenti studiosi come Bernard Berenson, Giovanni Battista Cavalcaselle, Jacob Burckhardt, Heinrich Wölfflin, Francesco Milizia, i quali (in pieno Romanticismo) gli imputavano freddezza espressiva e leziosità coloristica, accusando le sue figure non solo di carenza di drammaticità, ma addirittura di assenza emotiva.

Anche se Raffaello non è stato un artista di rottura, ma di continuità e perfezionamento (da lui portato all’ennesima potenza), il merito della Mostra di Venaria è quello di permettere di ammirare l’enorme influenza che egli ebbe su quelle che Vasari chiamava le arti “congeneri”, contribuendo a riposizionarlo fra i capisaldi della pittura mondiale, così come scriveva Federico Zeri che lo definiva “il più grande”.

 

 



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