Risultanze contenutistiche dalla natura molteplice si rinvengono ogniqualvolta si abbia la possibilità di osservare le tele di Luigi D’Amato: in esse il dato oggettivo raffigurato diviene lo spunto di messaggi dalla più profonda valenza significativa.
Se al colore è deputata una sorta di mission percettiva, è al segno che D’Amato, attraverso un analitico procedimento fatto di linee spezzate modulate da fasci di luce, conferisce quella che può essere definita come la precipua caratura stilistica.
La scomposizione delle forme, figlia di un profondo e mai interrotto lavoro di ricerca rappresentativa, attribuisce ai suoi lavori quel marchio di unicità che ne rendono le opere immediatamente riconoscibili all’interno dell’affollato (e spesso sterile) panorama artistico contemporaneo.
Animato da un’attitudine filantropica, alimentata da una fertile fantasia inventiva, egli non si preclude alcun tipo di indagine soggettistica, spaziando dalla figura umana al paesaggio, dalla composizione alle scene di genere, rilasciate con un approccio che molto deve alle sue origini, in cui la carica di mediterraneità che le contraddistingue sovrasta l’intero impianto in ogni scansione.
Le vedute di un mondo agreste oramai scomparso e da molti mai conosciuto, le maschere carnascialesche o quelle del teatro d’opera, gli indelimitabili spazi delle montagne piemontesi così come i romantici tramonti sul Golfo di Salerno, alla stregua degli aforismi visivi centrati sulle umane debolezze divengono elementi portanti di un universo riguardante tutti noi.
Istituendo un pertinente parallelismo musicale, si tratta di vere e proprie variazioni sul tema, non da intendersi come la riproposizione del medesimo soggetto sotto diversi aspetti, quanto invece come delle declinazioni tonali in cui il colore viene disposto e calibrato in campiture digradanti, artefici di un’atmosfera evocante ed avvolgente al tempo stesso.
Operante su ogni tipo di superficie (da quelle dalle dimensioni più che imponenti, così come ama disimpegnarsi parimenti nelle miniature), D’Amato può essere definito come un maestro dell’arte a tutto tondo, il quale, seppur prediligendo l’olio e l’acrilico come strumenti della sua più completa comunicazione, non manca di intervenire con caleidoscopiche digressioni nel campo delle installazioni, della manipolazione del gesso, dell’utilizzo della spatola o dell’acquerello.
La fervida attitudine creativa di cui egli si alimenta da quasi cinquant’anni, non solo lo ha portato ad istituire un avvincente parallelismo fra pittura e poesia (con la scrittura di liriche destinatarie delle opere rilasciate), ma lo ha anche condotto all’istituzione di progetti, gruppi e sodalizi miranti a convogliare il proprio lavoro all’indirizzo di iniziative benefiche, dalla ricerca medica ai diritti umani, dal sostegno alle forze dell’ordine a quello nei confronti delle scuole, e dei più piccoli in particolar modo.
Insignito di prestigiosi e qualificanti riconoscimenti nel corso del suo lungo ed alacre itinerario espressivo, Luigi D’Amato dimostra come il dono della creatività del quale pochi privilegiati sono destinatari, determini non solo effetti benefici su colui che lo detiene, ma che possa, nel contempo, produrre ricadute virtuose nei confronti di tutti coloro che attorno ad esso gravitano.